La sala conferenze di Melpignano intitolata a Gino Strada: l’omaggio al fondatore di Emergency

La sala conferenze di Melpignano intitolata a Gino Strada: l’omaggio al fondatore di Emergency

MELPIGNANO(Lecce) – L’amministrazione comunale di Melpignano intitola la sala conferenze del Palazzo Marchesale a Gino Strada. Sarà apposta una targa in memoria del medico – chirurgo di strada per la precisione – attivista, filantropo e scrittore fondatore di Emergency scomparso due anni fa non prima di aver lasciato una traccia indelebile del suo passaggio in questo mondo.

Appuntamento sabato 4 marzo, alle 18, con la presentazione del volume “Una persona alla volta”, ultimo saggio del fondatore della ong che tanto lavoro ha svolto, in prima linea, nei teatri di guerra. A parlarne sarà Simonetta Gola – curatrice del volume edito da Feltrinelli e responsabile della Comunicazione di Emergency – assieme al giornalista salentino Stefano Martella.

Si tratta del racconto in prima persona di un impegno durato tutta la vita. Le parole del medico, mentre un altro conflitto si è affacciato alle porte dell’Europa e una nuova strage di migranti interpella le coscienze di un’umanità a tratti dormiente, risuonano terribilmente vere e profonde: “Dopo anni passati tra i conflitti mi sono scoperto saturo di atrocità, del rumore degli spari e delle bombe. E lì, in Afghanistan, dove avevo vissuto per tanti anni operando feriti, non ce l’ho fatta più a sopportare l’idea di una nuova guerra. Così, alla vigilia di un’altra ondata di sofferenza e di morte, ho detto il mio “no”: basta con la guerra, basta uccidere mutilare infliggere atroci sofferenze ad altri esseri umani”, scrive Strada.

Dall’infanzia nel quartiere operaio di Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, al lavoro a Kabul come chirurgo di guerra e alla visita a Hiroshima, il libro narra appassionatamente le radici delle idee che lo hanno ispirato giorno dopo giorno, convincendolo della radicale necessità di garantire a chiunque il diritto a una sanità di eccellenza. “Non un’autobiografia, un genere di cosa che proprio non mi piace, ma le cose più importanti che ho capito guardando il mondo dopo tutti questi anni in giro”, come scrive nella prefazione.

I ricordi di infanzia della famiglia antifascista si mischiano così al racconto della militanza nel Movimento studentesco e alla scoperta della chirurgia, perché la chirurgia gli assomiglia: davanti a un problema, bisogna salvare il salvabile. Una passione che porta Strada lontano. In Pakistan, in Etiopia, in Thailandia, in Afghanistan, in Perù, in Gibuti, in Somalia, in Bosnia, dedicando tutta la propria esperienza alla cura dei feriti. E poi, nel 1994, la nascita di Emergency, con il primo progetto in Ruanda durante il genocidio e l’arrivo in Afghanistan, dove ad Anabah, nella Valle del Panshir, viene realizzato un Centro chirurgico per vittime di guerra. Con la ferma convinzione che “la costruzione e la pratica dei diritti umani sono il migliore antidoto, la migliore prevenzione della guerra. Perché dove non ci sono diritti umani per tutti, quando si considerano milioni di esseri umani spendibili per mantenere ed espandere la ricchezza di pochi, c’è già di fatto una guerra in corso, una guerra di aggressione e di rapina, imposta, quando serve, anche con la violenza delle armi”.

E quindi il viaggio prosegue in Africa, dove Emergency decide di costruire una rete di sanità di eccellenza aprendo a Khartoum, Sudan, il Centro “Salam” di cardiochirurgia. Perché “se la posta in gioco è la vita, allora deve esserci spazio per un’unica medicina, quella che permette davvero di dare concretezza a quel diritto. Non può esistere una medicina per cittadini di serie A e un’altra per cittadini di serie B, C, D, eccetera.” – riflette Strada. E la denuncia di come, anche in Italia, la salute si stia progressivamente trasformando da diritto a bene di mercato. “Togliere risorse al pubblico per darle al privato somiglia più a un sabotaggio che a un incremento delle possibilità di cura per il cittadino, eppure il modello è stato esportato con successo in tutta Italia come una conquista di libertà. Che poi la libertà sia quasi sempre solo uno specchietto per le allodole non sembra interessare a nessuno”, aggiunge Strada amareggiato.

Tutte manifestazioni diverse di uno stesso problema, ovvero “l’accettazione della disuguaglianza come regola del nostro tempo”, come scrive Simonetta Gola, curatrice del libro, responsabile della comunicazione di Emergency e moglie di Gino Strada, nella postfazione. “Dietro a ogni ragazzino ferito, dietro a un uomo che chiedeva aiuto, Gino riusciva sempre a intravedere una moltitudine. Vedeva quel ferito e allo stesso tempo la situazione di tanti come lui. Curava le vittime e intanto rivendicava diritti. Una persona alla volta”, il suo ricordo.

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