Lotta al coronavirus tra chiusure, colori e stanchezza: ma le ffp2 sono ancora un bene di lusso

Lotta al coronavirus tra chiusure, colori e stanchezza: ma le ffp2 sono ancora un bene di lusso

LECCE – Le mascherine ffp2 sembrano, ancora oggi, un bene di lusso. Eppure sono tra i dispositivi maggiormente indicati per combattere l’emergenza sanitaria da covid 19.

Esse, infatti, permetterebbero una capacità filtrante superiore – che si aggira, infatti, intorno al 95% – rispetto alle normali mascherine chirurgiche o a quelle di stoffa, di realizzazione domestica. Sono preferibili contro i temuti aerosol – minuscole particelle più piccole dei droplet – che potrebbero giocare un ruolo non indifferente nella diffusione dell’epidemia.

Il condizionale è d’obbligo perché, anche per le mascherine ffp2, come su molti altri argomenti inerenti il coronavirus, c’è sempre la notizia in agguato dietro l’angolo che porta il consumatore a essere un po’ in ansia. Sì perché proprio in questi giorni su Repubblica si è parlato della presunta irregolarità di alcune partite di mascherine ffp2 di provenienza cinese. E la notizia, eclatante, è stata ripresa da tutte le principali testate nazionali.

Detto in soldoni, la capacità filtrante di tali “falsi” sarebbe estremamente bassa. Notizie poco rassicuranti, che fanno venire legittimi dubbi sui dispositivi che si indossano tutti i giorni per cercare di proteggere se stessi e gli altri dal virus. Eppure, come detto, le ffp2, se correttamente indossate e se realizzate a regola d’arte, con le certificazioni del caso, dovrebbero offrire un buon margine di protezione.

In questo clima di insicurezza, stanchezza e sfiducia generalizzate – indotte anche da un eccesso di informazioni spesso contrastanti su efficacia dei vaccini, durata dell’immunità, permanenza del virus sulle superfici e luci in fondo a un tunnel che, però, sembra non finire mai – c’è da fare un ragionamento sul costo delle ffp2. Che, come detto, sembrano essere ancora collocate nel novero dei beni di lusso.

Un rapido giro tra farmacie, supermercati ed esercizi che vendono prodotti per l’igiene a Lecce ci conferma che è così. I prezzi, per singolo pezzo, vanno dai 2 ai 3 euro. Con l’opzione del colore nero. Che, si sa, snellisce ed è sempre di moda mentre il bianco poco si addice al pallore invernale. La classe, insomma, non è acqua.

Come spiega un farmacista, la loro durata sarebbe, al più, quotidiana, quindi per 8 ore lavorative. Facendo un rapido calcolo, quindi, a un esercente, professionista o imprenditore, ad esempio, senza possibilità di smart working, con la pensione lontana e senza che vi sia, a monte, un datore di lavoro che fornisca gratuitamente il dispositivo, la settimana lavorativa verrebbe a costare da un minimo di 10 a un massimo di 18 euro (se si considera la settimana da 6 giorni e presumendo che ci si prenda almeno un giorno di riposo anche se si è partite iva). Un costo assurdo, soprattutto se essendoci in gioco la salute pubblica. La tentazione di usare, pertanto, la stessa mascherina per più giorni è grande.

Senza avere la pretesa di offrire soluzioni alla risoluzione di un’emergenza sanitaria che si è abbattuta come una tempesta perfetta sulla quotidianità di tutti, la domanda viene spontanea: è troppo pretendere che le ffp2 siano immesse sul mercato a un prezzo “politico”, ovvero, ad esempio, 50 centesimi a pezzo, dato il fondamentale ruolo che potrebbero rivestire nella prevenzione del contagio? Le misure di contenimento, le fasce di colori, le chiusure sono indubbiamente necessarie, così come sono necessari i controlli e le multe nei confronti di chi, dopo un anno, ancora non ha capito nulla o quasi del rispetto delle regole. Una questione di sicurezza. Ma è sicurezza anche offrire ai cittadini la possibilità dal punto di vista economico di proteggersi. A un prezzo contenuto e senza sfibrare oltre le tasche già devastate da mesi di sacrifici.

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